La lontananza.

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Verrà il momento in cui me ne andrò di nuovo. Non significa per forza che me ne andrò lontano, perché è cosi che funziona, non bisogna per forza prendere un aereo per andarsene.
A me basterebbe una sera, un cappotto lungo sulle maniche, e un paio di ricordi che mi danno fastidio. Mi basterebbe stare seduto su un divano e veder passare in tv qualcuno che ti assomigli o che abbia il tuo stesso nome, e pensare a tutto questo silenzio. Sarebbe abbastanza anche solo trovare una fotografia di un vecchio carnevale. Perché è cosi che succede, la lontananza.
La lontananza è pensarti e non avere voglia di farlo, è non scrivere nulla perché non ha un senso preciso.

E se tutto questo significa andarmene, si allora me ne sto andando di nuovo.
Vorrei solo che mi dicessi chiaro e tondo che non lo vuoi prima che io sia troppo lontano da non poter più tornare indietro.
Vorrei che la finissi con questo gioco, che prendessi a calci in culo l’orgoglio.

Se mi prendi le mani magari resto, ma non ho intenzione di stare se resti ferma.
Sto cominciando a camminare, e c’è freddo.

Nel mare calmo, continuo.

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Niente conclusioni tratte, che qui continua tutto. E grazie al cielo, aggiungerei. Direi che è stato un anno di fermo in movimento. E’ stato un anno di corse su un leggero cullarsi, faticoso, ma dolce. Un anno da cui voglio tenere qualche sorriso in più, e metterlo in cornice. L’anno del ritorno a casa, e le luci del viale la sera che sono ancora lì, l’anno della certezza di alcune cose, l’anno della definizione di altre. Un anno di tempeste più o meno forti, superate nel momento in cui perdi le speranze, con le ultime gocce di forza, di notti a girarti nel letto e giorni di calma meritata; e vado ancora navigando su queste acque calme, ancora un pò tiepide, ma chiare in alcuni punti.

Niente auguri, zero propositi, solo i giorni che passano e continuano, così, perché può succedere che la fine di un anno non debba essere necessariamente la fine di qualcosa.
Può succedere che navigare sia bello, più di arrivare a destinazione.

Sciolgo i nodi. Soffio su questa vela. Vado un pò più veloce verso il sole che mi scalda.
Porto con me la valigia dove ho scritto chi sono e, il vento, che ha sempre l’odore del vento. Ci metto dentro me da bambino, le parole che ho scelto, un pò d’acqua, e i giorni più belli. Appoggio tutto con cura e, continuo, nel mare calmo, verso altre mille albe come questa. Ché non potrei fare altro.

Non potrei fare davvero nient’altro.

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(A voi, che in qualche modo siete sempre qui, stretti, negli abbracci o nelle parole. Negli occhi.
Un Buon inizio e una Buona fine, ma sopratutto, una Buona continuazione…)